Big è una commedia del 1988 diretta da Penny Marshall. Josh Baskin (interpretato da Tom Hanks) è un ragazzo di 13 anni che vuole diventare grande per sfuggire alle restrizioni che gli vengono imposte per la sua giovane età. Durante una serata al luna park esprime questo suo desiderio ad una macchinetta che riproduce le fattezze del mago Zoltar.
Il mattino seguente si ritroverà nei panni di se stesso vent’anni più grande; per il resto del film dovrà Josh confrontarsi con il mondo dei grandi con l’esperienza e lo spirito di un tredicenne.
Questo contrasto piuttosto evidente (agli occhi di un adulto) permette di godersi le divertenti gag che caratterizzano il film. Allo stesso tempo, però, la spensieratezza del personaggio nel confrontarsi con le difficoltà dei suoi “coetanei” e il paragone con questi ultimi ci apre a diverse riflessioni.
La prospettiva di crescere, a partire da qualsiasi età, ha che fare con il confrontarsi con il proprio futuro.
Che cosa possiamo intendere con questa espressione? Il termine futuro resta piuttosto generico se lo riduciamo in termini strettamente temporali. Anche nelle sue definizioni, oltre a rappresentare il naturale susseguirsi degli eventi, la parola futuro è pregna di significati che potremmo definire acquisiti; cerchiamo di riempire ciò che ancora non possiamo conoscere con aspettative, previsioni, possibilità; possiamo provare a rappresentarlo come un susseguirsi delle conseguenze delle nostre scelte consapevoli o come un caos nel quale si può solo navigare a vista. Il modo in cui ci approcciamo al futuro può forse dirci di più su di noi che su quello che di fatto accadrà.
Prendendo come spunto il personaggio del film potremmo, ad esempio, estrapolare un’esperienza piuttosto comune, soprattutto nel periodo dell’adolescenza. Josh ha infatti la sensazione che a causa della sua età non ha il pieno controllo della sua vita e che non può ottenere ciò che vuole perché non sente di poter decidere per se stesso. I tentativi che mette in atto cercando di uscire da queste restrizioni o per affermarsi risultano spesso goffi e frustranti. Una volta esaudito il suo desiderio la situazione almeno inizialmente sembra capovolgersi; Josh sente ora di avere più libertà e grazie al suo aspetto viene maggiormente preso in considerazione nelle sue scelte.
Nonostante ciò finisce per trovarsi scomodo in questi suoi nuovi panni; ci sono degli aspetti della vita adulta alla quale non riesce a dare una forma che abbia senso per lui e per le esperienze di un tredicenne. La libertà che quindi è riuscito a guadagnare grazie a questo sbalzo temporale diventa quindi troppo estesa e incerta. Il mondo con il quale va a confrontarsi gli chiede troppo e troppo presto. Riesce grazie alla spensieratezza della sua età ad avere più successo degli adulti che lo circondano ma di fatto non ne trae beneficio e sente di stare perdendo (o di essersi perso) qualcosa.
Quello che possiamo trarre da questo esempio è una visione un po’ differente del discorso sul futuro che va al di là della preveggenza e della minaccia dell’incertezza. Il concetto di esperienza, intesa come la possibilità di ampliare le proprie interpretazioni della realtà e di dare un senso alle cose in base a ciò che assimiliamo dagli eventi vissuti, ci consente di dare al futuro dei “confini” provvisori. Questi confini vengono delineati dalle cose alle quali riusciamo a dare un significato e che possono cambiare ogni volta che, facendo esperienza, diamo un senso (nuovo) alle cose. Il tutto permettendoci di mantenere un senso di continuità della persona, grazie al quale possiamo riconoscere noi stessi nel tempo, nonostante il cambiamento.
In questo ultimo punto c’è, forse, l’aspetto più importante e per certi versi più “creativo” di questo processo: la possibilità di valorizzarsi, mantenendo dei punti di riferimento che delineano chi siamo e che ci permettono di mettere in connessione il bambino che siamo stati con la persona che saremo.
Autore: Dott. Francesco Zevolini
Revisora: Dott.ssa Sabrina Masetti